Nel cervello le “tracce” dell’anoressia: presenti fin dagli inizi del disturbo
Per la prima volta sono state osservate nel cervello tracce delle alterazioni indotte dall’anoressia, fin dai suoi primi stadi: la ricerca, pubblicata sulla rivista Psychiatry Research Neuroimaging, è stata condotta a Roma dal gruppo di studio “capitanato” da Santino Gaudio, attualmente visiting reasercher presso l’Università svedese di Uppsala. Lo studio è stato condotto in collaborazione col centro per i disturbi alimentari “La cura del Girasole” ONLUS.
La malattia, come è noto, altera la percezione del proprio corpo, che nei pazienti che soffrono di anoressia nervosa appare disturbata e non corrispondente alla realtà. I ricercatori hanno ora scoperto che i pazienti malati di anoressia mostrano un’alterazione anche a livello cerebrale, che coinvolge le strutture che, nel cervello, mettono in comunicazione la percezione della propria immagine e il controllo cognitivo: in parole povere, chi sviluppa un disturbo alimentare pensa in modo ossessivo al proprio corpo, e lo percepisce in maniera differente dal modo in cui è strutturato nella realtà.
Utilizzando una nuova tecnica di Risonanza magnetica, i ricercatori impegnati nel gruppo di studio hanno messo a confronto i fasci di sostanza bianca (che mettono in comunicazione le aree del cervello deputate al controllo cognitivo e quelle della percezione del corpo) di 14 pazienti anoressiche malate (da meno di sei mesi) con la sostanza bianca di 15 coetanee sane. Il risultato è stato che sono state trovate alterazioni nella sostanza bianca già dagli esordi della malattia: fin dai primi mesi, queste pazienti sono incapaci di accorgersi del proprio grave, reale stato di denutrizione, e del fatto che le loro percezioni sono distorte e distanti dalla realtà. Questo spiega anche il fatto che le pazienti malate di anoressia mostrano una sostanziale rigidità nel pensiero e nei ragionamenti, che difficilmente vengono messi in discussione.
La scoperta apre la strada a nuove cure e approcci mirati per la terapia di questo disturbo, adesso fin dalle sue fasi più precoci. In particolare, le strategie terapeutiche possono ora focalizzarsi, secondo i ricercatori, su un miglioramento mirato a rendere il pensiero più flessibile, e una percezione del proprio corpo maggiormente aderente alla realtà.