Economia e Finanza

Meno ore, stesso stipendio? Cosa insegna il modello spagnolo sulla flessibilità lavorativa e cosa possono fare oggi le aziende italiane

In Spagna, il governo e i principali sindacati hanno trovato un’intesa per ridurre progressivamente la settimana lavorativa da 40 a 37,5 ore entro il 2026, senza toccare gli stipendi

La settimana corta tra sperimentazione e realtà: cosa possono fare oggi le imprese italiane per adottare modelli di lavoro più flessibili e sostenibili. Ne parliamo con Sara Guarnacci, esperta di consulenza del lavoro, organizzazione aziendale e innovazione dei processi

Negli ultimi mesi, in Europa si è tornato a parlare con insistenza della possibilità di ridurre l’orario settimanale di lavoro senza abbassare le retribuzioni. Una prospettiva che fino a qualche anno fa sembrava utopia, oggi diventa oggetto di negoziazioni concrete e di sperimentazioni su larga scala.

La notizia dell’accordo raggiunto in Spagna per abbassare a 37,5 le ore settimanali, a parità di stipendio, ha riacceso il dibattito anche in Italia: è davvero possibile lavorare meno senza perdere produttività? E soprattutto: che ruolo possono giocare flessibilità, smart working e contrattazione aziendale in questo scenario in evoluzione?

Nel nostro Paese, dove molte imprese stanno ancora metabolizzando le trasformazioni post-pandemia, la domanda è tutt’altro che teorica. Tradurre questa sfida in soluzioni concrete richiede competenze specifiche, aggiornamento normativo costante e una visione strategica su organizzazione e risorse umane. Tutti elementi che caratterizzano l’approccio consulenziale di Sara Guarnacci, professionista da anni supporta aziende italiane di ogni dimensione nell’adozione di modelli di lavoro più flessibili, personalizzati e sostenibili.

Il modello spagnolo: meno ore, stesso stipendio

In Spagna, il governo e i principali sindacati hanno trovato un’intesa per ridurre progressivamente la settimana lavorativa da 40 a 37,5 ore entro il 2026, senza toccare gli stipendi. La misura interesserà inizialmente il settore pubblico e sarà poi estesa anche al privato, in base a specifiche intese collettive.

L’accordo risponde all’obiettivo di migliorare la qualità della vita dei lavoratori, combattere lo stress lavorativo e incentivare una migliore conciliazione tra vita e lavoro. Al tempo stesso, spinge le imprese a rivedere i modelli organizzativi tradizionali, puntando su efficienza, digitalizzazione e maggiore autonomia operativa.

Tuttavia, come evidenziato da diverse analisi, il successo di questi percorsi dipende fortemente dalla capacità delle aziende di progettare soluzioni su misura. Ogni organizzazione ha bisogni differenti, legati al settore produttivo, alla struttura interna, ai flussi di lavoro e alla cultura aziendale. È qui che entra in gioco il contributo di consulenti esperti in diritto del lavoro e organizzazione aziendale.
Sara Guarnacci sottolinea come ogni scelta in materia di orario debba essere sostenuta da un’analisi approfondita, capace di valutare impatti reali sulla produttività, sulla gestione delle risorse e sul clima interno. In quest’ottica, l’esperienza maturata in ambiti come la contrattazione decentrata, la gestione del lavoro agile e l’ottimizzazione dei premi di risultato consente di orientare l’impresa verso modelli replicabili ma flessibili, coerenti con il quadro normativo e competitivi sul mercato.

E in Italia? Il quadro normativo sulla flessibilità post-pandemia

Nel nostro ordinamento, la settimana lavorativa ordinaria resta di 40 ore, con un massimo di 48 ore settimanali comprese le ore straordinarie, secondo quanto previsto dal D.lgs. 66/2003. Tuttavia, la vera novità degli ultimi anni è rappresentata dalla crescente valorizzazione degli strumenti di flessibilità contrattuale, che permettono di adattare l’organizzazione del tempo di lavoro in modo dinamico.

Smart working, lavoro ibrido, banca ore, part-time flessibile, premi di risultato e permessi retribuiti sono oggi strumenti pienamente utilizzabili, soprattutto se accompagnati da contrattazione aziendale o integrativa. Alcune grandi aziende italiane hanno già avviato sperimentazioni su orari ridotti, ma l’applicazione su larga scala resta ancora lontana, soprattutto nelle PMI.

Molto dipende dalla capacità delle imprese di interpretare correttamente le norme e sfruttare le opportunità offerte dal sistema. Come ricorda Sara Guarnacci, il quadro post-pandemico ha lasciato in eredità uno spazio normativo ancora parzialmente inesplorato: se ben gestito, può portare vantaggi sia in termini di benessere organizzativo, sia di ottimizzazione fiscale.

Uno degli strumenti più efficaci è ad esempio la conversione dei premi di risultato in welfare aziendale: una misura che consente alle imprese di ridurre il cuneo fiscale, offrendo ai dipendenti beni e servizi esentasse (entro soglie specifiche). Un buon piano di welfare — che può includere buoni acquisto, mobilità, previdenza, formazione, supporto alla genitorialità — permette di valorizzare il tempo libero e ridurre il turnover.

Ma affinché tali strumenti siano efficaci, serve una regia solida: costruire piani welfare sostenibili, validare gli indicatori di produttività, coordinare la comunicazione interna e gestire l’eventuale impatto previdenziale richiede competenze multidisciplinari. È proprio in queste fasi che il supporto di uno studio come quello guidato da Sara Guarnacci si rivela strategico: non solo per gestire l’operatività tecnica, ma per accompagnare il cambiamento in modo integrato, condiviso e sostenibile.

Il modello spagnolo, infatti, dimostra che una nuova organizzazione del lavoro è possibile, tuttavia non esistono soluzioni universali. Ogni azienda deve misurarsi con la propria realtà, scegliendo strumenti e modelli coerenti con i propri obiettivi, risorse e cultura interna.

In Italia, le basi normative per un’evoluzione flessibile del lavoro ci sono, ma è fondamentale sapere come usarle. Lavorare meno può significare lavorare meglio, se accompagnato da un cambiamento organizzativo profondo, partecipato e tecnicamente solido.

Per questo motivo, affidarsi a professioniste specializzate come Sara Guarnacci rappresenta oggi una scelta strategica: un modo per gestire in sicurezza la transizione verso modelli di lavoro più moderni, sostenibili e attenti al benessere delle persone. In un mercato del lavoro in continua trasformazione, il tempo può diventare la risorsa più preziosa. Sta alle imprese scegliere come valorizzarlo.

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