Alberi secolari: il loro DNA è “sempreverde”
Gli alberi secolari hanno un DNA “sempreverde”, eternamente giovane: col passare del tempo, le cellule staminali di queste piante accumulano meno mutazioni, fattore che spiega la loro eccezionale longevità. Sono i risultati emersi da uno studio condotto dai biologi dell’Università di Losanna, e anticipati sul sito bioRxiv. I risultati sono in attesa di essere revisionati, in vista della pubblicazione su una rivista scientifica.
I biologi che hanno condotto lo studio hanno esaminato la famosa “quercia di Napoleone”, albero che ha la bellezza di 234 anni e la cui origine risale al tempo del passaggio delle truppe di Napoleone. Oggi quest’albero si trova nel campus dell’ateneo svizzero di Losanna. I ricercatori si sono accorti che le cellule staminali di questo tipo di piante, particolarmente longeve, sono protette dalle mutazioni: questa evidenza lascia spazio all’ipotesi che siano gli stessi alberi a “proteggere” le proprie staminali.
Un meccanismo simile è presente negli animali, che proteggono le cellule destinate alla riproduzione fin dalle prime fasi dello sviluppo, allo scopo di farle dividere il meno possibile: come è noto, infatti, la replicazione del DNA – che avviene ad ogni divisione della cellula – apre la strada a pericolose mutazioni, e il rischio aumenta all’aumentare delle divisioni cellulari/della replicazione del DNA.
Nelle piante, le cellule staminali che generano l’apparato riproduttivo vanno, di per se stesse, continuamente incontro a nuove divisioni cellulari. I ricercatori avevano, per tale motivo, ipotizzato che i rami più vecchi degli alberi esaminati presentassero un DNA molto diverso da quello che formava i rami più giovani; la scoperta, strabiliante, è che non è così. Dunque, le piante secolari in qualche modo proteggono le proprie cellule staminali dalle mutazioni, e conservano la propria giovinezza.
Molti sono gli interrogativi lasciati aperti dallo studio in questione. Secondo alcuni esperti, interpellati dal sito di Nature, lo studio potrebbe aver preso in esame soltanto alcune mutazioni, e ignorato le altre. Le conclusioni raggiunte dal team di Losanna sembrano però confermare altri due studi recenti, uno dei quali è stato condotto sui pomodori, e l’altro sull’Arabidopsis thaliana, una varietà di pianta erbacea spesso usata come modello per gli studi nel campo della biologia vegetale.