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Neet: il triste primato italiano, giovani senza impiego e senza formazione

“Neet” è l’acronimo inglese che sta ad indicare “not (engaged) in education, employment or training“, quella percentuale di giovani, cioè, che non è occupata né nello studio, nel lavoro nella formazione. In economia e in sociologia del lavoro, i dati relativi al neet sono utilizzati per indicare quegli individui che non sono impegnati nel ricevere un’istruzione o una formazione, non hanno un impiego né lo cercano, e non sono impegnati in altre attività assimilabili, come tirocini o lavori domestici.

In Italia, la fascia d’età di riferimento in cui sono compresi i neet è più ampia che altrove: va dai 15 ai 29 anni, anche se in alcuni modelli statistici il termine viene usato per i giovani fino a 35 anni, se ancora coabitanti con i genitori.

Più di un milione e 300mila registrati, quasi un milione di “presi in carico”, 500mila coinvolti in misure di politica attiva; a tre anni esatti dall’avvio del programma Garanzia Giovani, che doveva favorire l’avvicinamento al mondo del lavoro dei giovani appartenenti alla fascia d’età compresa tra i 15 e i 29 anni, la partecipazione c’è stata; tuttavia, il problema resta, ed è un problema, a quanto pare, principalmente italiano.

L’Italia detiene, nell’Unione Europea, il triste record di Paese con la più alta percentuale di Neet, giovani che non studiano e non lavorano. Il programma Garanzia Giovani, con un budget, per l’Italia, di oltre un miliardo e mezzo, è nato con l’obiettivo dichiarato di aumentare l’occupabilità di scoraggiati e disoccupati con meno di 30 anni. Questo, attraverso un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato, tirocinio o altre misure di formazione o inserimento nel servizio civile.

Sullo scacchiere europeo l’Italia registra un calo del 7,9% dei Neet, dai 2,4 milioni nel 2013 ai 2,2 nel 2016, ma resta fanalino di coda. Lo scarto è poi evidente tra Nord e Sud, sempre all’interno dell’Italia: al Sud la percentuale dei Neet è doppia rispetto al Nord, e si assesta sul 34,2%.

Potrebbero arrivare a breve, da Bruxelles, nuove risorse: tuttavia, nonostante “l’atteggiamento positivo”, si tratta di quella parte di giovani che “più rischia di vedere deteriorarsi il proprio futuro”, a causa della prolungata assenza dal mercato del lavoro.

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